Il Preludio Al Pianoforte – Teoria Ed Esempi

Oggi approfondiamo un’altra forma musicale: il preludio. Come suggerisce la parola, il preludio funge da parte introduttiva ad un altro pezzo, una suite di danze per esempio, o una fuga, come era tipico nel corso del ‘600. 

A cosa serve il preludio?

Lo scopo del preludio fino al periodo Barocco era di dare la possibilità di prepararsi tecnicamente, praticamente di scaldarsi un po’ le mani con qualcosa più simile ad un “esercizio”, per poi passare al vero repertorio e allo stesso tempo, fornire già una collocazione armonica di ciò che sarebbe stato ascoltato poi.
Questo è proprio quello che troviamo nei preludi e fuga del Clavicembalo ben Temperato di Bach: ognuna delle 48 fughe è preceduta da un preludio nella stessa tonalità e da cui non dovrebbe essere separata.

Nel periodo classico, non è stata una forma molto utilizzata e infatti compositori come Mozart, Beethoven, Haydn non se ne sono serviti più di tanto. 

Altri autori, come Clementi e Hummel, associano nei loro volumi, a volte anche proprio nel titolo, l’idea di preludio come esercizio alla tastiera.

Il preludio perde questa sua funzione introduttiva con Chopin, che nel 1839 pubblica i suoi Préludes op. 28, che nella struttura dell’intera opera, ricalcano l’idea di Bach: 24 preludi, ciascuno in una tonalità diversa, con caratteri e difficoltà differenti.

La struttura del preludio

Nel corso del XVI e XVII secolo, i preludi venivano suonati estemporaneamente, improvvisando alla tastiera, e per questo motivo il preludio, a differenza di altre forme musicali, non ha una struttura predefinita. 

Si tratta di un brano formalmente libero, in cui possiamo riconoscere elementi melodici, tecnici o di imitazione che lo caratterizzino.

Il Clavicembalo ben Temperato di Bach

Per esempio, nel Preludio in Do minore del I volume del Clavicembalo ben Temperato, l’elemento caratterizzante è questo movimento alternato e speculare fra le due mani, ottimo esercizio tecnico e di riscaldamento, per l’appunto. 

Come idea simile, ancora più famoso è il Preludio in Do Maggiore, in cui la stessa cellula melodica si ripete dall’inizio alla fine.

I Préludes di Chopin

Nei preludi di Chopin, l’elemento di “preparazione” a qualcos’altro viene a mancare e il preludio diventa un pezzo a sé stante a tutti gli effetti. 

Nell’op. 28, la concezione di preludio è diversa, ma la costruzione rimane la stessa: ogni pezzo affronta un elemento compositivo o tecnico specifico,

Guardiamo per esempio il no.3: dall’inizio alla fine, una cascata di note ricopre ostinatamente tutta la mano sinistra, mentre la destra si spiega in un tema arioso. Si tratta di un ottimo esercizio di agilità per la sinistra e di cantabilità per la destra!

Il no. 9 aiuta a lavorare bene le doppie voci, in una stessa mano, facendo valorizzare il tema alla voce acuta e tenendo più leggero l’accompagnamento in bicordi. 

Ma oltre a lavorare aspetti puramente tecnici – scale veloci, arpeggi, salti, cambi di direzione e chi più ne ha, più ne metta – Chopin sapeva che ci sono altre grandi difficoltà nello studio del pianoforte, da lavorare quanto la tecnica pura. 

La sensibilità del tocco, la gestione della frase, la dinamica, l’espressività.. Anche tutti questi aspetti vanno allenati e perciò in questa raccolta ci sono preludi interamente dedicati a questo. 

Per esempio, il no. 20 è un preludio ad occhio molto semplice: non ci sono difficoltà tecniche evidenti. Ma dal punto di vista dinamico e della gestione delle frasi, si tratta di un pezzo molto complesso. L’esecutore dovrà avere una grandissima sensibilità nel tenere alta la tensione in tutta la lunghissima frase in piano della seconda riga, da differenziare dal pianissimo della frase successiva.   

I Préludes di Debussy

Sull’onda dell’opera di Chopin, anche Debussy si dedica alla stesura di due volumi di preludi. Come in Chopin, anche in questo caso, si tratta di pezzi a loro stanti, che non hanno lo scopo di preludere a nulla. Anzi, sono pezzi puramente da concerto, con carattere evocativo, tanto che Debussy attribuisce un titolo d’effetto a ciascun pezzo, rigorosamente segnato alla fine della partitura (almeno nelle prime edizioni), per non condizionare l’esecutore e l’ascoltatore, ma dare semplicemente un’impressione da confermare o meno.

Molto famoso è il preludio no.8, di grande respiro e cantabilità, che si intitola La fille auc cheveux de lin.

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